Non c’è riforma o incentivo che tenga. Tra il 2014, quando si è insediato il governo Renzi, e oggi, il tasso di disoccupazione italiano è sì diminuito, ma meno che nel resto dell’UE e dell’Eurozona. Con il risultato che il divario rispetto alla media dei Paesi del vecchio continente si è allargato anziché restringersi.
A febbraio 2014, infatti, il tasso di disoccupazione italiano si attestava al 13%, mentre la media dei 28 Paesi dell’UE era al 10,6% e quella dei 19 Paesi dell’Eurozona era al 11,9%. Il gap era dunque, rispettivamente, del 2,4% e del 1,1%.
A settembre 2017, invece, il tasso di disoccupazione in Italia era del 11,1%, mentre nell’UE del 7,5% e nell’Eurozona del 8,9%. La differenza era dunque, rispettivamente, del 3,6% (+33%) e del 2,2% (+100%).
Ma il dato ancor più sconvolgente emerge dal confronto tra i mesi già presi in esame e novembre 2011 (ultimo governo di centrodestra). Allora, nel pieno della crisi, il tasso di disoccupazione italiano era pari all’8,6% mentre quello dell’UE al 9,8% e quello dell’Eurozona al 10,3%. In altre parole la situazione del nostro Paese era migliore rispetto alla media europea, con un differenziale positivo rispettivamente del 1,2% e del 1,7%.
In questi giorni Renzi ha rivendicato il “merito” di aver portato l’Italia a questo punto. Siamo assolutamente d’accordo. Se siamo l’ultima ruota del carro in Europa lo dobbiamo a lui e al PD. Più che una rivendicazione però, ci sembra una confessione.